Presentazione di LALLA
“Pura luce. Canti mistici del tantrismo kashmiro”
a cura di Ilaria Giovinazzo Jouvence 2024

Il 30 gennaio 2025 al centro indiano BIBLIOTHE’ a Roma è stato presentato il volume Lalla “Pura luce. Canti mistici del tantrismo kashmiro”, tradotto dall’inglese e curato dalla poeta e saggista Ilaria Giovinazzo. Si tratta del primo volume in lingua italiana dedicata Lall Eshwari, o Lal Ded, o Lalla, una figura di mistica e maestra di poesia, vissuta nel XIV secolo ma ancora molto popolare nel kashmir. Ad affiancare la curatrice nella presentazione di Lalla sono stati il professor Giorgio Milanetti, docente di lingua e letteratura hindi, e Tiziana Colusso, scrittrice e comparatista di formazione.

Ecco la breve testimonianza di Tiziana Colusso.

Lal Ded, Marguerite Porete e l’«universalismo religioso» di Simone Weil

Nel giugno del 1310, a Parigi, in place de Grève, viene arsa sul rogo come eretica Marguerite o Margherita Porete, mistica francese, autrice de Lo specchio delle anime semplici, opera in prosa e poesia, oggi riconosciuto come un testo capitale della spiritualità cristiana.

Nel 1320 (dieci anni dopo, anche se la data non è certa, alcuni testi riportano date diverse ma sempre in quegli anni) nasce Lall Eshwari, o Lal Ded, o Lalla, mistica errante, pioniera del genere poetico Vaakh VAKH della letteratura kashmira.

Due donne, dunque, negli stessi anni del XIV secolo, una in Francia, una nella remota vallata indiana del Kashmir, dotate per la ricerca spirituale e per la poesia, ribelli alle autorità costituite, familiari e religiose, al punto di essere: una bruciata sul rogo e l’altra additata come pazza vagabonda.

Voglio aggiungere un’altra donna, a formare una sorta di trinità – un numero perfetto per ogni analisi di tipo comparatista – facendo un salto vertiginoso nel tempo. E che donna! Simone Weil. Di solito quando si parla di Simone Weil si usa un elenco infinito di attribuzioni (filosofa, sindacalista, attivista politica, operaia, etc) tutte giuste, ma a qui noi interessa un punto particolare del suo infinito pensiero, quello dell’“universalismo religioso”, ben analizzato in un saggio dello studioso Marco Vannini. Qui sottolineiamo soprattutto un passaggio: «Significativamente, fu proprio nell’ultimo periodo della sua vita che la Weil venne a conoscenza di alcuni grandi testi della mistica cristiana: [e qui Vannini fa un breve elenco, nel quale si trova proprio lo Specchio delle anime semplici di Margherita Porete, allora attribuito a un ignoto mistico francese del Trecento. Dice Vannini: “Possiamo perciò ritenere con sufficiente fondatezza che queste letture furono determinate dall’incontro con la spiritualità dell’India; ovvero fu l’India a farle scoprire [a Simone Weil]il patrimonio della mistica medievale cristiana, giacché ella trovò nell’induismo quello che avrebbe potuto trovare già prima nel cristianesimo.

Quind, l’universalismo religioso di Simone Weil tiene insieme ed illumina di pensiero la mistica medievale cristiana Porete e la mistica indiana Lalla, che a sua volta è al crocevia, alla confluenza, tra cultura Hindu e cultura semitico-islamista.

Riprendo ancora un momento Vannini, sperando di non tirarlo troppo per la giacchetta, per così dire: «Opinione di chi scrive è che la Weil – anche grazie proprio alla sua indipendenza, al suo situarsi al crocevia delle tradizioni mistiche dell’umanità̀, senza legami di appartenenza a questa o a quella – rappresenti non solo un punto elevatissimo di speculazione, ma si ponga anche come figura esemplare di quell’universalismo religioso che appare sempre più vero, e sempre più necessario al momento presente».

Naturalmente si potrebbe parlare per ore su questo tema dell’universalismo religioso come rimedio e antidoto all’irrigidimento oppositivo tra religioni e anche tra correnti della stessa religione, che sono la concausa – accanto alla causa economica – di quasi tutte le guerre. Ma questo esula dagli argomenti dell’incontro di oggi.

Vorrei solo riportare un passaggio della densa introduzione al volume Pura Luce della curatrice e traduttrice, Ilaria Giovinazzo, che va proprio nel senso del riconoscimento del valore di Lalla per il “sincretismo religioso” – via maestra verso l’”universalismo religioso” : “Potremmo dunque dire che gli insegnamenti di Lalla siano comuni a più filosofie religiose: nonostante la forte matrice shivaita, si rilevano infatti alcuni concetti propri anche della bakti vaisnava, allo stesso tempo ritroviamo metodi e immagini appartenenti alla mistica dei sufi musulmani, così come anche analogie con alcuni insegnamenti buddhisti.»

Tornando quindi alle nostre mistiche, si può rilevare come questo «universalismo religioso» si esprima nella viva voce mistico-poetica come un abbandono della contingenza di ritualità consolidate, di accidenti storici delle diverse tradizioni religiose, per aspirare alle tappe mistiche del “nulla” e infine del “vuoto”

Esaminiamo alcuni passaggi in tal senso dei testi di Lalla e di Marguerite Porete. Ascoltiamo direttamente i testi, nella loro potenza poetica e spirituale. Intanto c’è la ricerca di un rapporto diretto con il Divino, al di là di tutti i rituali e i mediatori, che addirittura in Lalla diventa quasi un beffarsi della devozione canonica

Una statua è solo un pezzo di pietra,

anche un tempio è solo un mucchio di pietre,

dalla testa ai piedi ogni cosa è composta della stessa materia.

Oh dotto Pandit! A chi stai facendo le tue offerte?

Controlla piuttosto la tua mente attraverso il respiro.  

Sgomberato per così dire il campo, con questa e altre dichiarazioni di indipendenza, dalla devozione tradizionale, e incurante della sua “reputazione” mondana, come dice in un passaggio, Lalla può procedere nella ricerca della spiritualità vera, nel rapporto diretto con il Divino.

Il saggio vaga da un santuario all’altro, cercando Dio.

Oh anima mia! Guarda piuttosto dentro te stessa

perché più lontano guarderai

più verde ti sembrerà quel mucchio d’erba all’orizzonte.

 Ma ancora si tratta di intenzioni, di tracciare la strada. La ricerca spirituale entra nel vivo quando l’anima si abbandona al rapporto diretto con il divino come ad un amplesso che fonde e trasforma. Il riferimento all’amplesso non è casuale, dato che lo shivaismo kashmiro cui appartiene Lal Ded, per noi noto come Tantrismo, ha a che vedere con l’utilizzo di energie corporee e sensuali per arrivare alla trascendenza illuminante. Ma questa tensione verso la fusione amorosa con il divino, dove l’Anima individuale scompare nell’immensità divina, è una tendenza di tutti i mistici, in verità, di ogni tradizione.

Riprendiamo Marguerite Porete, che parla proprio di “trasformazione d’amore” nello «Lo specchio delle anime semplici» capitolo 135: «Tutto è per l’Anima una sola cosa, senza perché, ed essa è niente in tale Uno. Allora non sa più che farsi di Dio, né Dio di lei. Perché? Perché lui è, e lei non è. Essa non trattiene nulla per sé, nel suo proprio nulla, poiché le basta questo, ossia che lui è, e lei non è. Allora è nuda di tutte le cose, poiché è senza essere, e là dove era prima di essere. Perciò ha da Dio quel che ha; ed è quel che Dio stesso è, per trasformazione d’amore”.

Questa idea di “essere niente” ritorna anche in Lalla, in maniera netta e lapidaria, come sa essere la sua scrittura – molto moderna in questo –

«Quando lo sporco fuggì dalla mia mente

come sporcizia da uno specchio

la gente mi chiamò devota di Dio.

Quando Lo vidi, così vicino a me,

mi accorsi che Lui era tutto ed io niente

 

 Sul tema dell’”esser niente” sentiamo anche Simone Weil nel secondo Quaderno:

Debbo amare d’esser niente. Come sarebbe orribile se io fossi qualcosa. Amare il mio nulla, amare d’essere nulla. Amare con la parte dell’anima che si trova dietro il sipario, perché la parte dell’anima che è percettibile alla coscienza non può amare il nulla, ne ha orrore. Se essa crede di amarlo, vuol dire che ama qualcosa di diverso dal nulla”

L’idea del nulla è la porta stretta da attraversare per guarire dalla malattia del mondo, c’è un passaggio straordinario di Lalla che dice

«vorrei solo che togliesse da me, donna malata/ la malattia del mondo», che en passant mi fa pensare a “La maladie de la mort” di Marguerite Duras

La tappa successiva del viaggio spirituale è dal NULLA al VUOTO, e qui finirei con due straordinari testi di Lalla

Colui che segue la sillaba del cuore, la cui casa è il Vuoto

che non possiede nome né colore, né forma o lignaggio,

colui che meditando su sé stesso, è sia Suono che Sorgente,

ecco chi è il Dio che monterà questo cavallo

E in maniera ancora più esplicita e con effetto poetico miracoloso, il testo n.11

Quando i libri sacri scompariranno, rimarranno solo i canti.

Quando i canti scompariranno, rimarrà solo la mente.

Quando la mente scomparirà, non rimarrà nulla

e il Vuoto si fonderà col Vuoto.